Il giallo funziona sempre. E Donato Carrisi, romanziere di successo, non si è fatto pregare: forte della sua esperienza di sceneggiatore, si è messo dietro alla macchina da presa, per adattare il suo “La ragazza nella nebbia”. I produttori, intravisto il business, gli hanno messo a disposizione un cast di alto livello: dal “Divo” nostrano, Toni Servillo, ad uno d’oltralpe, Jean Reno; il magnetico Alessio Boni ed una signora del palcoscenico come Galatea Ranzi. Carrisi colloca il set in un non-luogo, un paesino isolato fra le montagne, spruzza nebbia e neve che, come insegnano gli scandinavi, creano la giusta atmosfera. Nel presepe colloca le classiche statuine: una vittima candida e personaggi dal passato oscuro, costruiti per attirare sospetti. E poi i naturali protagonisti di questo mondo manicheo: il Male, che agisce secondo le sue perverse dinamiche (sempre uguali) e, a combatterlo (o forse no), il poliziotto. Non è vero, come dice una battuta del film, che “la storia la fa il cattivo”: il giallo lo fa l’investigatore; è lui, con la sua forte caratterizzazione, a rimanere nella memoria del pubblico. Carrisi disegna un detective ambiguo, che cerca una soluzione appagante per l’opinione pubblica; perché la verità non importa in un mondo dove tutto è finzione.
D’altronde nella ricetta non può mancare la spezia di una critica ai mali della società. La confezione del prodotto è accurata: elevati i valori tecnici, in particolar modo la fotografia. Ma di prodotto si tratta. Anche gli attori, comunque bravi, assecondano: Servillo ripropone l’usuale repertorio di espressioni impassibili, alzate di sopracciglia, movimenti della bocca, che ormai costituiscono il marchio di un interprete sempre più monocorde. Ranzi, gravata da un personaggio posticcio nella sua letterarietà, è quanto mai impostata. Il solo Alessio Boni sa dare vibrazioni alle tortuosità del suo ruolo. In tanta levigatezza è paradossalmente la trama a risultare sfilacciata. Il flusso che porta alla rivelazione finale si perde in mille rivoli ciechi, gli eventi si succedono senza una chiara concatenazione; i processi nella mente del colpevole sono nebulosi; i colpi di scena non sono poi tali. Insomma tutti gli ingredienti di un piatto che dovrebbe farsi apprezzare per i sapori forti sono diluiti in un brodo troppo lasco. “La ragazza nella nebbia” risulta proprio come un romanzo giallo: capace di vendere molte copie, ma inadatto a figurare sugli scaffali di una biblioteca.