A chi interessa parlare di cinema, quando il soggetto è Stefano Cucchi? Forse nemmeno ad Alessio Cremonini interessava, quando ha spogliato la sua immagine di ogni orpello, lavorando solo con una fotografia livida ed inquadrature statiche. Forse non interessava nemmeno ad Alessandro Borghi, quando ha sottratto fiato ed espressioni al suo personaggio. Di fronte avevano un’urgenza, a cui anche l’esercizio dell’arte doveva sottomettersi. Di fronte c’era il dramma di un piccolo uomo e al contempo la tragedia di un’intera società.
Nei suoi ultimi 7 giorni di vita oltre 150 persone si sono relazionate a vario titolo con Stefano Cucchi, ma nessuno ha visto, o peggio nessuno ha voluto vedere, che quel piccolo uomo stava morendo. “Sulla mia pelle” non si sofferma (e non potrebbe) sulla vicenda giudiziaria. Si accenna, ma non si danno certezze su chi o cosa abbia ridotto un ragazzo in quello stato miserando, gonfio di ecchimosi e con la colonna vertebrale spezzata. Né vuole santificare un protagonista di cui vengono mostrati tutti i limiti.
“Sulla mia pelle” è un film sull’indifferenza. Il suo scopo non è mettere all’indice delle singole figure, ma scuotere ed accusare tutti noi. Il racconto degli ultimi giorni di Stefano Cucchi è una sequenza di sguardi bassi, di voci incolori, di spalle voltate. Figure anonime pronte a scaricarsi da responsabilità, a “mettere a posto le carte”, a proteggere il proprio angusto, squallido quadrato di serenità. Mentre Stefano Cucchi moriva. Il regista, il protagonista forse hanno messo in secondo piano il loro mestiere.
Eppure fanno cinema, diretto e potente come un pugno, eloquente quanto più è possibile. Come descrivere meglio la condizione di quel povero cristo, se non con quelle inquadrature scarne in cui appare riverso su una panca o su un letto, rannicchiato, raccolto su sé stesso come un pacco dimenticato?
Come interpretarlo in maniera più efficace, se non gradatamente svuotandone la voce e spegnendone la luce negli occhi, come a sottrargli ogni parvenza di umanità? Ma non si ha voglia di parlare di cinema. Stefano Cucchi è morto. Ma quanti altri ancora sono intorno a noi, ogni giorno piegati un po’ di più, chiusi in un silenzio sempre più impenetrabile, con lo sguardo incapace di sollevarsi a chiedere soccorso? Saremo noi, che siamo la società, capaci di un afflato di solidarietà, di uno sguardo amorevole, di una mano tesa?
Avremo quanto meno la forza minima di assumerci le responsabilità che ci competono? Oppure ancora una volta ciechi, sordi, inerti torneremo al gelido tepore delle nostre case? Questo, purtroppo, pare essere.
Ma così Stefano Cucchi continuerà a morire ogni giorno.

ECCO LA PAGINA DI QUI NEWS NELL’EDIZIONE DELL’11 OTTOBRE 2018

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