di ELEONORA FESTUCCIA –  In tempi non sospetti arrotondava lavorando e scrivendo una rubrica su “Cioè”, rivista cult che negli anni ’90 impegnava le ragazze per pomeriggi interi, con interviste agli idoli del momento e pagine pronte ad accogliere le domande più imbarazzanti che mai si sarebbero fatte altrove. Oggi, a distanza di quasi 30 anni, su Amazon.com è disponibile la prevendita del suo libro che sarà pubblicato dal primo dicembre; “Il paradiso è vuoto: approccio interculturale alla Religione e l’Impero nell’antica Cina” (traduzione dal titolo inglese).

Da “Cioè” alla vita accademica; da Passo Corese all’Università statunitense di Saint Louis, passando per il dottorato a Berkeley ed i corsi di insegnamento che lo tengono costantemente impegnato nella sua carriera divisa tra Oriente e Occidente, fino ad arrivare a Taipei, dove vive con sua moglie Zhang Lidan. Filippo Marsili è quello che tutti definirebbero un “cervello in fuga”: attualmente Professore e storico delle religioni. Insegna civiltà antiche dell’Asia, del Mediterraneo e di Cina e Giappone moderni presso l’Università di Saint Louis. Ma, per alcuni versi, rimane indiscutibilmente legato ai luoghi che lo hanno visto crescere.

Ho passato l’infanzia tra le case dei miei nonni materni in Via XXIV Maggio e in quella dei nonni paterni che era proprio vicino alla stazione, su via San Francesco e – ricorda Filippo con un pizzico di nostalgia mista ad orgoglio – era stata ricostruita dal mio bisnonno pezzo per pezzo dopo i bombardamenti, con un orto e tanti animali. Purtroppo oggi al suo posto sono state tirate su un paio di palazzine. Da piccolo – continua – andavo a giocare nei campi delle famose grotte di Epifanio Zonetti (che noi chiamavamo “Bifagno”), a pesca al fosso Corese o, quando trovavo un passaggio, fino al “curvone” del Tevere. Da liceale (frequentava l’Istituto Varrone) giravo come una trottola: Roma, Fiano Romano e nel weekend a Montorio, in una vecchia sede abbandonata del PSDI mi ritrovavo con il mio gruppo a suonare musica punk, rock e blues; ho iniziato con la chitarra ritmica per poi passare al basso. Il periodo universitario ha coinciso con la collaborazione con “Cioè”, di cui ricordo con piacere soprattutto le interviste ai Radiohead e Elio e le storie tese.

Filippo si avvicina in quegli anni alle culture orientali e lo fa sfidando se stesso o, perlomeno, l’idea che aveva di sé. Ai tempi del liceo tutto quello che sapevo su Cina o Giappone lo prendevo dai film di Fuori Orario su Rai Tre. Ma ero appassionato di cultura greco-romana e odiavo studiare le lingue straniere moderne. Comunque, una volta alla Sapienza dissi, proviamo a fare qualcosa per cui non sono portato per niente… se va male, torno ai classici. Cominciai a seguire corsi di letteratura cinese antica e archeologia dell’Asia Centrale. Non eravamo mai più di dieci in classe. Un bell’ambiente di studio… e così ho continuato.

E per fortuna non pensava di essere portato! Oggi Filippo è un profondo conoscitore delle culture orientali, ovviamente parla un inglese perfetto, ma anche cinese classico, cinese mandarino e giapponese, senza trascurare il greco e il latino; determinanti nelle sue ricerche interculturali. Una mente come poche insomma, che ha inventato dal nulla un nuovo approccio di ricerca; ma che oggi (ahinoi) forma studenti universitari oltreoceano. Dagli appelli alla Sapienza prenotati con il nome scritto a penna su fogli volanti attaccati alla porta della Prof., le corse trafelate tra una lezione e l’altra per raggiungere i posti di lavoro più disparati alla ricerca di uno stipendiuccio da portare a casa, sino ai prati verdi dei college americani, alle aule piene di studenti che lo ascoltano affascinati e ai sogni realizzati (ultimo, ma solo in ordine cronologico, quello di essere accolto come “visiting researcher” presso l’Academia Sinica di Taiwan).

Ha provato a spendere le sue competenze nel Belpaese, ma qui tutto sembra più complicato. Nel 2003 – rivela – insegnai un corso alla Sapienza e mi chiesero di restare. Se le cose continuano ad andare bene creiamo una posizione giusta giusta per te. Mi dissero. Ma pagavano poco o niente. In quel periodo arrotondavo con un part-time in un call center e lavoravo come fotografo. Poi, accettarono la mia domanda per il dottorato in storia a Berkeley, in California, l’università dei miei sogni. E decisi di partire. Ho affrontato sette anni tra corsi, insegnamento e impieghi part-time in cui lavoravo minimo 10 ore al giorno, inclusi i fine settimana.

Oggi Filippo ha una casa che poggia le sue basi su tre continenti. “Ovviamente mi manca qualcosa o qualcuno ovunque mi trovi. Un tempo tutto ciò mi pesava molto, mentre ora questa situazione la vivo come una ricchezza.” Ma da qui tutto è partito; dalla curiosità di un ragazzino che pescava al fosso Corese. E chissà se il bisnonno, che aveva ricostruito la sua casa mattone su mattone, avrebbe mai immaginato che quelle fondamenta fossero così forti.

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