di GIUSEPPE MANZO
Le bellezze di Castelnuovo di Farfa: un paese tutto da scoprire… C’era… c’era una volta, c’era una volta, c’era una volta… c’era una volta un albero… un vecchissimo albero che era rimasto solo nell’isola del vento […] voleva popolare la terra di alberi generosi e di poeti. (Maria Lai, 2001)
Queste le parole impresse sull’ “L’albero del poeta”, opera di Maria Lai con cui inizia la visita al Museo dell’olio di Castelnuovo di Farfa. L’olio sabino è il vero protagonista in questo luogo magico, bene tanto prezioso che il medico Galeno (II secolo d.C.) denì come il migliore del mondo antico. La vicinissima Abbazia di Farfa fu uno dei pochi centri medioevali europei nel quale furono conservate e poi trasmesse le antiche tecniche dell’olivicoltura. Il museo ha sede a Palazzo Perelli, edicio cinquecentesco di recente recuperato, ma si estende anche al centro storico e al paesaggio. L’itinerario museale ha inizio con una sezione dedicata al mito dell’olio, celebrato da sculture dei maestri contemporanei Alik Cavaliere, grande scultore scomparso nel 1998, Gianandrea Gazzola, designer e musicista, Maria Lai, la grande artista “visiva” sarda, scomparsa nel 2013, e Hidetoshi Nagasawa, scultore e architetto giapponese. La visita prosegue con la documentazione sulla botanica dell’ulivo sabino e la tradizione dell’olivicoltura, poi con la sala della memoria, dove il mondo dell’olio viene raccontato dalle voci e dalle immagini dei contadini di Calstelnuovo di Farfa.
Con un percorso pedonale nella campagna, si raggiunge il sito monumentale di San Donato, una rara testimonianza di architettura altomedievale, immersa nei campi circostanti il paese di Castelnuovo di Farfa. San Donato non è solo una delle più antiche chiese sabine, ma anche una testimonianza rara ed importante per l’archeologia alto medioevale. Infatti, grazie agli archivi dell’Abbazia di Farfa è possibile tracciare il percorso evolutivo di questo sito attraverso i secoli ed integrando queste informazioni con i risultati degli scavi, si giunge a conclusioni importanti. È agli studi ed agli scavi condotti da un ateneo inglese che dobbiamo la nostra comprensione del ruolo e dell’evoluzione di San Donato.
Infatti, l’Università di Sheffield ha condotto due campagne di scavo a San Donato nel 1991 e nel 1992, sotto la guida dei professori John Moreland e Mark Pluciennik. Esse ci hanno consentito di fissare alcuni punti fermi: San Donato non sorge su un preesistente edificio romano (sebbene una villa romana esistesse nelle immediate vicinanze) ma è un edificio costruito ex novo nel tardo VI secolo d.C. Ciò è dimostrato anche dai frammenti di vasellame ritrovati durante gli scavi. Dunque un esempio antichissimo di una costruzione post romana che si è via via trasformata fino a divenire – nella logica del processo di incastellamento – un castello essa stessa. È importante notare che, nel corso degli studi condotti in quegli stessi anni nell’ambito del più ampio progetto archeologico denominato “Farfa Project”, è stato possibile individuare ben altri dieci siti nell’area di Farfa con simili dinamiche di evoluzione. Gli scavi hanno anche consentito di ricostruire l’uso tardo medioevale e più oltre (fino al XVI secolo) della chiesa come cimitero.
Nel complesso, le campagne di scavo del 1991 e del 1992 hanno portato alla luce 43 sepolture databili ed hanno permesso di appurare che al di sotto dell’edificio attuale – che potrebbe essere stato realizzato all’inizio del 1500 – vi siano i resti di un altro di epoca anteriore con un orientamento non allineato all’attuale. Sempre gli scavi hanno permesso di determinare come San Donato, già molto anticamente, fosse circondata da un fossato e da palizzate e disponesse di pozzi per la conservazione di prodotti agricoli. Ciò ha fatto pensare agli archeologi che già alle origini l’area su cui sorge San Donato fungesse da centro di riferimento per un fundum.