POGGIO MIRTETO – Attaccato al muro, come un pezzo da museo, quel corno pare quasi abbandonato. Giacomo, che ha solo 12 anni, dopo aver sentito in televisione Alessio Allegrini, capisce che è il “suo” strumento. Pieno di polvere e bozzi lo porta a casa e suo papà passa tutta la sera a dargli una bella sistemata. “Ricordo quel momento anche con un po’ di nostalgia. Inizialmente volevo il trombone, ma dopo aver seguito quel concerto ho cambiato idea”. è da lì che nasce la sua passione, anche se a casa si respirano da sempre le note suonate nella Banda musicale di Poggio. “Papà e mamma ne facevano parte e io entrai per hobby rimanendoci per circa 6-7 anni. Il mio primissimo insegnante – precisa Giacomo – è stato Luca Pacifici al quale devo tantissimo. Una grande persona e un vero e proprio maestro, specialmente con i bambini. Ci è stato molto vicino anche quando papà è venuto a mancare”.
Figure importanti che hanno preso per mano Giacomo in questo sogno che stava giorno dopo giorno prendendo forma: “Grazie a Luca entrai in contatto con Sabino Allegrini (fratello di Alessio). Ero in procinto di entrare in conservatorio e mi ha letteralmente aperto la porta di casa…”.
Allegrini non è un cognome qualunque a Poggio, l’oro della musica: “è lo specchio di quello che non succede in Italia. Qui in paese abbiamo avuto la fortuna di avere la famiglia Allegrini che ha formato tre musicisti formidabili. Alessio, Sabino e Vinicio hanno creato quella che ormai si può definire una vera e propria tradizione. Per noi ragazzi sono stati un faro, un’ispirazione. Ci hanno fatto conoscere un mondo e mostrato che certe cose sono possibili. Penso infatti all’amico e collega Michele Canori, con il quale ho condiviso tutte le audizioni. Mi ha sempre spronato e incoraggiato anche nei momenti bui. In Italia – continua – la musica non viene valorizzata, non si insegna più, non viene pubblicizzata, non viene fatta ascoltare. La figura del musicista – aggiunge Giacomo – nel resto d’Europa gode di un maggior rispetto”. Passione, amore e impegno a volte non bastano. Giacomo viaggia su e giù per l’Italia dividendosi principalmente tra Milano, Torino, Bari e Cagliari nelle vesti di “aggiunto”: “Vengo chiamato a suonare nelle orchestre dove ho già fatto audizioni e sono risultato idoneo. Economicamente in questo mondo non c’è riconoscenza, purtroppo siamo l’ultima ruota del carro. O sei il top del top e quindi riesci a vivere bene, oppure è difficile trovare spazio. Anche nel nostro campo non c’è più la via di mezzo”.
Giacomo però lavora sodo e tra 20 anni come si immagina? “Non ho idea! (ride ndr) Forse in un’orchestra, o nei panni di un capo scout, oppure chissà dove. In questo ultimo periodo ho fatto un miliardo di cose ed è difficile ipotizzare un qualcosa che sembra così lontano. Del resto la mia ragazza mi dice sempre che non riesco a proiettarmi… ma spero a breve di riuscire a mettere su famiglia. Questo sì che è un argomento molto caldo a casa!”.